Il Mondo della Fotografia Camera André Kertész, il percorso della mostra

André Kertész, il percorso della mostra

 

 

 

André Kertész, il percorso della mostra

 

 

Lungo tutto l’arco della sua carriera Kertész ha ritratto se stesso. In ogni circostanza queste immagini possono essere considerate come delle dichiarazioni di poetica, allo stesso modo di quelle realizzate in compagnia della moglie Elisabeth, conosciuta in Ungheria e sposata poi a Parigi dopo una lunga separazione.

 


 

11_André Kertész. Moi dans la piscine Beicser, en plongeant dans l’eau, Budapest, 1917

 


 

I primi autoritratti mostrano un Kertész giovane, intento a tuffarsi, saltare, nuotare: le fotografie sono realizzate spesso dal fratello Jeno su indicazioni di André, e mostrano l’energia della giovinezza unita all’istantaneità del mezzo fotografico, capace di cogliere quell’attimo che sarà sempre fondamentale nella sua ricerca.

Significativo è anche il ritratto di famiglia che vede il fotografo travestito da donna, in quello spirito giocoso che si troverà anche nelle Distorsioni degli anni Trenta, in una delle quali appare anche il fotografo stesso.

A Parigi, Kertész si fotograferà trasformato in ombra, insieme alla propria macchina fotografica.

 


 

17_André Kertész. Elisabeth et moi, Paris, 1931


 

In una serie di scatti scompare progressivamente per lasciare tutto il campo a Elisabeth, in un ritratto di coppia ormai famoso: dalla visione intera dei due, l’inquadratura si restringe sempre più, fino a quando del fotografo non rimane che una mano sulla spalla della moglie, in una sequenza che è quasi una lezione sull’importanza del taglio nella pratica fotografica, come tante nell’intera storia di Kertész.

 

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SALA 2

L’Ungheria, la fotografia e la guerra

 

Kertèsz scatta la sua prima immagine conosciuta nel 1912: è un giovane impiegato alla Borsa di Budapest che si diletta in fotografia e, con una macchina comprata con i primi guadagni, inizia a riprendere il mondo che lo circonda, con una immediatezza che resterà una delle caratteristiche della sua produzione anche successiva.

“Fotografavo tutto ciò che avevo intorno, uomini, animali, la mia casa, le ombre, i contadini, la vita. Ho sempre fotografato ciò che l’istante mi rivelava”, dirà più tardi.

Nel 1914, allo scoppio della guerra, viene arruolato nell’esercito austro-ungarico; l’anno successivo è sul fronte orientale, dove rimane ferito.

Dal 1916, distaccato a Budapest, accompagna i soldati nei loro reparti in Europa Centrale. In tutte queste occasioni porta con sé la macchina fotografica, e il risultato è una sorta di diario dall’interno della vita quotidiana dei soldati nel corso del conflitto.

Terminata la guerra, Kertész si dedica con sempre maggiore continuità alla pratica fotografica, mettendo in scena divertenti visioni bucoliche con il fratello Jeno come protagonista, oppure prendendo come soggetto la città con i suoi abitanti.

Nel 1925 una sua immagine viene pubblicata sulla prima pagina di un giornale ungherese: Kertész è ormai pronto per il salto nella capitale culturale del mondo, Parigi.

 

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SALA 3

Parigi, una comunità d’artisti

 

Quando arriva a Parigi nel 1926, Kertész si avvicina al mondo artistico e in particolare a quello dei suoi connazionali che si sono trasferiti nella capitale francese prima di lui.

 


 

                La casa di Mondrian

 


 

Attraverso di loro, conosce molti dei protagonisti della vita intellettuale parigina, che ritrae nei propri atelier: tra queste immagini, un significato particolare assume quella dello studio del grande pittore astratto olandese Piet Mondrian, dove il perfetto equilibrio tra gli elementi dell’arredamento diventa un ritratto metaforico dell’artista e della sua ricerca della purezza dell’immagine.

Sono queste alcune delle immagini che Kertész espone nelle sue prime mostre parigine, una personale alla galleria “Au Sacre du Printemps” nel 1927 (insieme a una pittrice astratta ungherese) e la collettiva passata alla storia come il “Salon de l’escalier”, cui partecipa nel 1928 a fianco di autori già celebri come Man Ray e Germaine Krull: è in queste occasioni che si costruisce la fama del fotografo, a cui il poeta Paul Dermée dedica questi versi:

“La tua tecnica è onesta e incorruttibile come la tua visione
Nel nostro ospizio di ciechi, Kertész è il fratello che vede per noi”.

 

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SALA 4

Parigi, ritratto di una città

 

A Parigi Kertész si muove inizialmente quasi con lo spirito del turista, fotografando i luoghi famosi, come la Torre Eiffel, i ponti lungo la Senna, le Tuileries.

Col passare del tempo prende confidenza con la città e soprattutto con i quartieri dove vive e che frequenta con gli amici, dal Quartiere Latino a Montparnasse a Montmartre.

 


16_André Kertész.Le Daisy Bar, Montmartre, Paris, 1930

 


 

Come ha scritto lo stesso autore, “Fotografo il quotidiano della vita, quello che poteva sembrar banale prima di avergli donato nuova vita, grazie ad uno sguardo nuovo”.

È una Parigi popolata di figure di strada che Kertész ritrae con immediatezza e rispetto durante le sue passeggiate; ma è anche una Parigi vista dall’alto, con prospettive sorprendenti, con le ombre che si allungano sino a diventare più importanti delle persone, quasi a prendere vita, come accade nello scatto surreale “Pittore d’ombra”.

Kertész fotografa anche la città di notte, dove ogni cosa cambia e assume un nuovo significato, come capirà bene uno dei suoi colleghi e seguaci, Brassaï.

Sono queste le immagini che tanto hanno affascinato anche Henri Cartier-Bresson, che considerava il fotografo ungherese un suo maestro, tanto da affermare “tutto quello che abbiamo fatto, Kertész l’ha fatto prima”, e che hanno contribuito in maniera determinante a creare la Parigi rimasta nell’immaginario collettivo sino ai giorni nostri.

 

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SALA 5

Il lavoro su commissione, le Distorsioni

 

La maggior parte delle immagini di Kertész sono pubblicate nelle riviste illustrate del tempo: è questo il mezzo attraverso il quale il fotografo diventa famoso, oltre ad essere il mestiere che lo sostiene economicamente. In particolare, l’autore è stato uno dei principali collaboratori di “VU”, settimanale popolare a grande tiratura nato nel 1928, ma anche di riviste più eleganti come “Arts et Medicine”, per le quali il fotografo realizza una serie di servizi in varie zone della Francia.

È in queste immagini che si scopre anche la vena paesaggistica di Kertész, che d’altra parte si era parzialmente manifestata già nei primi anni ungheresi. Un altro capitolo è poi rappresentato dalle immagini pubblicitarie vere e proprie, tra le quali spiccano quelle di carattere feticistico che presentano un Kertész assolutamente inedito e sorprendente.

 


 

26_André Kertész. Distorsion n°40, Paris, 1932-1933

 


 

Nel 1932, al culmine della fama, la rivista umoristica “Le Sourire” chiede al fotografo un contributo fotografico: nasce così la serie delle Distorsioni, nudi femminili ripresi davanti agli specchi deformanti del luna park.

Un’immagine stravolta, uno humour che piacerà molto anche ai surrealisti, e che Kertész riproporrà, con diversi soggetti, anche all’inizio della sua avventura statunitense.

 

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SALA 6

New York, nuovi spazi e nuove immagini

 

È il 1936 quando, al culmine della fama, ma con gli incarichi dei giornali in diminuzione, Kertész decide di trasferirsi negli Stati Uniti.

Nelle intenzioni doveva essere uno spostamento momentaneo, ma si rivelerà invece una scelta definitiva: Kertész non si sposterà più da New York e qui condurrà la seconda parte della sua esistenza.

La vita professionale negli Stati Uniti non è facile, nei primi anni propone le sue immagini a riviste come “Life”, ma non viene preso in considerazione.

Sarà grazie a un contratto con l’editore Condé Nast e al lavoro per la rivista “House & Gardens” che riuscirà a mantenersi, ma ottenendo poche soddisfazioni dal punto di vista artistico.

 


 

21_André Kertész, New York, 1975

 


 

Eppure, Kertész continua il suo lavoro, adattando la propria poetica ai nuovi spazi e alle nuove visioni urbane che si trova davanti: dalla finestra della sua casa riprende le forme dei tetti, le scene di strada, continuando ad applicare quella trasformazione della banalità quotidiana in apparizione poetica, che ne caratterizza l’intera opera.

Solo alla metà degli anni Sessanta il suo lavoro viene riconosciuto come quello di uno dei grandi maestri del XX secolo, e questo ridà anche nuova linfa alla sua creatività.

 

22_André Kertész. Polaroid, 1978-1982

 

23_André Kertész. Polaroid, 1978-1982

 


 

Ormai celebrato in tutto il mondo, Kertész conclude la sua vicenda creativa con un’ultima sperimentazione, la fotografia a colori, a cui si avvicina quando è già più che ottantenne, a dimostrazione della curiosità che ha sempre animato la sua personalità.

 


 

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