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Il restauro della Annunciazione: gli aspetti tecnici

IL RESTAURO DELL’ANNUNCIAZIONE DEL PONTORMO

 CAPPELLA CAPPONI IN SANTA FELICITA A FIRENZE

Daniele Rossi e Paolo Cantaluppi

[soliloquy id=”2607″]


Pontormo (Jacopo Carucci; Pontorme, Empoli 1494-Firenze 1557)
Annunciazione 1525-1528
affresco con rifiniture a secco;
Firenze, Chiesa di Santa Felicita

 

RESTAURI PRECEDENTI

Si hanno notizie certe di restauri sull’annunciazione già intorno al 1620, in occasione dell’inserimento del tabernacolo marmoreo commissionato dal cardinale di Carprentras devoto a San Carlo Borromeo. Il cardinale si lamentò col Vasari figlio e col capomastro Antonio Campogialli del poco rispetto che ricevettero i dipinti del Pontormo, deturpati e malamente rifatti in seguito all’abbattimento di una parte di essi per l’innesto del tabernacolo. Ed è probabile che gli operai misero mano anche ai dipinti con pesanti ridipinture sulle zone deturpate e sui rifacimenti di parti mancanti che si mantennero fino ai restauri del 1766, che compresero la decapitazione e il rifacimento della nuova cupola che ospita le vedute a tromp l’oeil di Domenico Stagi. Le ridipinture interessarono anche i volti e i manti delle due figure e sono state mantenute fino al restauro post alluvione del 1967. Probabilmente nel 1972 per esporre le opere alla mostra “Firenze Restaura” si procedette alla demolizione parziale dei supporti in masonite e al rincollaggio su un nuovo supporto in vetro-resina. Si ha notizia di un viaggio in Giappone alla mostra Capolavori del Rinascimento italiano della sola figura della Vergine nel 1980 e si ipotizza che in questa per l’occasione sia avvenuta anche una revisione del restauro pittorico.

RESTAURO ATTUALE
L’attuale restauro ha visto lo stacco dei dipinti dal supporto murario dopo la rimozione delle viti di ancoraggio che ne fissavano i bordi esterni alla parete. Il trasporto nel transetto della chiesa e il trasferimento degli affreschi su piani di lavoro, ha permesso lo svolgimento delle successive operazioni. I supporti in vetroresina garantiscono ancora una conservazione idonea e duratura nel tempo, pertanto non si è resa necessaria la loro sostituzione.
La pulitura è stata effettuata tramite impacchi reattivi di carbonato di ammonio diluito al 10% in H20 e mantenuto a contatto con le superfici per tempi brevi: questa operazione ha permesso di rimuovere le ridipinture sullo sfondo e i numerosi ritocchi superficiali. Le originali e delicate finiture a secco sono state protette con resina acrilica e tamponate con acqua distillata, mentre le numerose stuccature che risultavano dissonanti per colore e impasto sono state rimosse e nuovamente colmate con una malta a base di grassello di calce, polvere di marmo, polvere di travertino e sabbia di fiume setacciata con minima aggiunta di resina acrilica. La reintegrazione finale con colori ad acquarello ci ha consentito di ritrovare le giuste tonalità e al contempo eliminare per quanto possibile alcune lacune risarcendole col metodo “a tratteggio”. La maggior parte delle abrasioni è stata trattata con velature ad abbassamento di tono. Dopo una minuziosa verifica delle zone di ancoraggio al supporto murario, abbiamo sostituito alcuni tasselli in plastica con altrettanti dello stesso diametro per poter successivamente fissare i supporti tramite viti di ottone in parte sostituite. La fessura in corrispondenza dei tagli perimetrali venutasi a creare durante le precedenti operazioni di “strappo” è stata sigillata con malta neutra uguale alla zona che circoscrive entrambe le figure.

DISEGNO E TAVOLOZZA DI PONTORMO SU MURO

Il disegno preparatorio è trasportato sull’intonaco fresco tramite incisione da cartone (sono ancora visibili i segni arrotondati dello strumento utilizzato), seguendo lo schema e rispettando le misure della parete. Il prezioso disegno preparatorio dell’angelo, tratteggiato a pietra rossa e acquarello, è attualmente conservato insieme ad altri disegni preparatori per la stessa Cappella al Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi.
Si contano diciassette giornate di esecuzione, otto sull’angelo e nove sulla Vergine, ma non abbiamo certezza della sequenza né dei tempi necessari a maestro Jacopo per dipingere l’Annunciazione. Siamo invece certi che la finestra centrale e la cornice in pietra serena sia l’elemento dal quale si sviluppano le prime fasce di intonaci sovrapposti dipinti con motivi geometrici.
Alcune incisioni dirette sono state riscontrate sull’intonaco fresco intorno alla cornice in pietra della finestra, sui peducci dipinti di grigio e sul leggio della Vergine.
Allo stato attuale, dopo l’intervento di strappo post alluvione, il taglio e la demolizione degli intonaci che scontornavano i numerosi elementi architettonici, non ci ha permesso di stabilire con precisione l’inizio delle decorazioni. I colori usati da maestro Jacopo sono prevalentemente a base di ossidi di ferro e variano dalle ocre gialle o bruciate ai rossi più intensi, con probabile uso di smaltino per il blu della veste della Madonna e malachite mescolata al bianco di San Giovanni alternata al violetto per evidenziare la cangiante bicromia del velo.
Le cromie assomigliano in parte alla Deposizione, seguono una luce che si propaga all’interno di una casa fiorentina il cui soffitto voltato e scialbato di calce è sostenuto da peducci in pietra serena. La biacca e i colori di miniera (minio e vermiglione) puri o mescolati sono usati in finiture “a secco” come sulle ali dell’angelo, in parte sulle labbra dell’angelo e della Vergine, mentre le ombre sono ridotte al minimo. Altri colori risultano impastati con il bianco di calce e per questo l’opera si illumina indipendentemente dalla provenienza della luce e crea sul muro come sulla tavola effetti singolari. Gli incarnati sono eseguiti nei toni del rosa, con bianco San Giovanni e ocra rossa, mentre i riccioli delle capigliature sono a base di ocra gialla e ocra rossa, schiarite con aggiunta di bianco di San Giovanni o scurite con nero di carbone. Maestro Jacopo usa pennelli diversi, dipinge a tratti minuti con pennelli piccoli, tratteggiando minuziosamente le zone in ombra come sulla tavola, mentre sfuma le vesti di entrambe le figure, alcune pennellate più nette evidenziano particolari anatomici come mani e piedi.

LA CUPOLA

La calotta in origine dipinta da maestro Jacopo raffigurava Dio Padre con i quattro patriarchi. In occasione della costruzione del coretto soprastante fu demolita quasi totalmente per abbassarne il livello nel 1766. Tuttavia, è stato scoperto che ben 40 cm di cupola originale, quella realizzata da Brunelleschi nel secondo decennio del Quattrocento in laterizio a spina di pesce, si sono conservati a partire dall’imposta circolare. La nuova calotta settecentesca, costruita tramite mattoni in cotto posti a “coltello” fu semplicemente addossata alla base originale e sviluppata con una sezione a sesto ribassata; successivamente su un nuovo intonaco Domenico Stagi nel 1766 dipinse la falsa cupola con lanterna, decorata a lacunari e medaglioni circolari con teste di puttini alati.
All’inizio dell’intervento di restauro da alcuni saggi preliminari sono emersi lacerti di pittura originale, e pertanto si è deciso di procedere in accordo con la Direzione dei Lavori con la rimozione dell’intera scialbatura che la celava, con lo scopo di riportare alla luce anche questo testo pittorico. Fino ad oggi infatti l’opera di Stagi era nota solo da documenti.
I colori impiegati essenzialmente sono pochi: bianco di calce, nero di carbone, blu smaltino e ocra gialla. La tecnica è propriamente quella settecentesca che prevede intonaci granulosi senza giornate e l’impiego di colori minerali mescolati col bianco di calce. Non è stato possibile conoscere quando l’operazione di scialbatura della decorazione stagesca fu eseguita. Una parte degli intonaci erano mancanti, perché demoliti nel corso del secolo scorso per ospitare lo scasso dei tracciati degli impianti elettrici.
La pulitura è stata eseguita con alcool e acqua per asportare le tinteggiature e successivamente con l’uso del bisturi per far saltare gli strati di scialbatura. Le lacune sono state poi colmante con malte a base di grassello di calce e sabbie fluviali setacciate e la reintegrazione è stata effettuata con colori a tempera ed acquarello stesi a corpo e per velature successive.

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